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Trasgredire il destino - workshop


FESTIVAL DELLA CULTURA PSICOLOGICA

Rassegna organizzata dall'Ordine degli Psicologi della Lombardia, sezione di Brescia

Trasgredire il destino, workshop

Sabato 11 maggio 2019

presso la sala della gloria

Università Cattolica del Sacro Cuore

 

Introduzione alle attività di gruppo


Nell'ultimo secolo si sono osservate almeno due grandi fenomeni nella nostra cultura occidentale, che hanno influito nella vita quotidiana di ognuno di noi…



Se pensiamo all'Italia come era fino a un secolo fa, solo una manciata di persone si chiedeva cosa avrebbe fatto da grande: la stragrande maggioranza non si poneva proprio la domanda. I figli facevano i mestieri dei padri e delle madri, assumevano la stessa postura, pronunciavano gli stessi proverbi e raccontavano le stesse favole. Ci si replicava con poche variazioni da una generazione all'altra. C'era un forte senso di appartenenza ad un gruppo e non c'erano altri contesti con cui confrontarsi… Così l'individuo si identificava con il collettivo di cui faceva parte.



1 Il primo importante cambiamento avvenuto nell'ultimo secolo è stato il passaggio dal collettivo all'individuale. Non è più l'individuo che si identifica con la collettività, ma è la collettività che fa da specchio al singolo. Oggi, ogni persona sente la necessità di esprimere la propria opinione personale a voce, o come sempre più spesso accade, sui social network. Ognuno chiede di essere osservato e riconosciuto come individuo singolo, con caratteristiche distintive rispetto a tutti gli altri. Si impegna a capire chi è e chi diventerà. Insomma, nel novecento assume importanza l'identità personale. In questo processo, ciascuno di noi impara presto che per essere riconoscibile dagli altri deve fare sempre le stesse cose: deve comportarsi in modo abituale.

Se gli altri spesso mi chiedono una mano, mi assegnano il ruolo di organizzare feste o uscite, mi invitano prevalentemente per visitare musei, … io mi riconosco, sarà incoraggiata a: dare aiuto, organizzare, mostrare interesse per i quadri… penso che gli altri si aspettano da me questo e io, se voglio continuare ad essere "io" per me stessa e per gli altri, mi adopererò per comportarmi in questo modo.

Tutto bene se le caratteristiche che io e gli altri attribuiamo alla mia identità sono per lo più benefiche, utili, positive. Si innesca così un CIRCOLO VIRTUOSO.

​​Che accade, invece, se le abitudini

che io continuo a mostrare

e che gli altri si aspettano da me,

mi fanno star male?

Che succede se - io sono io -

quando mi lamento,

quando mi arrabbio,

quando faccio scenate,

quando rompo i piatti,

quando mi mostro sofferente?

In questo caso, si innesca sempre un CIRCOLO, ma VIZIOSO: io faccio le stesse cose, gli altri si aspettano le stesse cose, io so che gli altri si aspettano da me quelle cose, io sono quelle cose, mi riconosco in quelle cose e finirò per essere incastrata in un DESTINO SFORTUNATO. In cui per stare bene devo diventare qualcun altro che non conosco e che nessuno conosce.

 

2 Il secondo grande cambiamento avvenuto negli ultimi decenni è la flessibilità. Oggi abbiamo molte più occasioni per scegliere come costruire l'identità… spesso però non ne siamo consapevoli. Oggi si sono moltiplicati i contesti sociali e le relazioni: molti più amici e gruppi, a volte persino attraverso l'Italia, l'Europa e il mondo. Siamo in una società che consente ad ogni persona di sperimentare nuove parti di sé in ogni contesto sociale e, di converso, di osservare ogni persona con maggiore attenzione e notare tutte le sue sfaccettature. Così ci sono maggiori possibilità per variare i vissuti e i comportamenti.


E' possibile sperimentare più ruoli e avere rimandi diversi, che aiutano a disegnare una immagine nuova di sé stessi; fino a modificare abitudini e riconoscere sé stessi anche nel nuovo schema. Così con il gruppo di pilates emerge più la mia serenità, con il gruppo di amici del liceo la mia timidezza, con i colleghi la mia precisione, con la migliore amica la capacità di ascoltare, …


L'aspetto critico emerge quando una persona, per varie ragioni, frequenta poche persone e pochi gruppi; oppure, quando ha portato le proprie abitudini disfunzionali in tutti i suoi contesti di vita.


Come si fa a notare le sfaccettature

di una persona in questi casi?

Come si fa ad aiutarla a

trasgredire il proprio destino?

Quando siamo a stretto contatto con una persona e siamo immersi nella relazione, tutte queste dinamiche ci sfuggono. Così tendiamo a vedere sempre le stesse cose… Se lui è spesso triste, arrabbiato, irriverente, lamentoso, … noi siamo abituati a notare sempre questi aspetti critici. Lo facciamo anche in buona fede…nella speranza di farlo uscire da quel circolo vizioso.



Eppure se noi evidenziamo sempre ciò che non va "sei sempre davanti ai videogiochi" e diamo consigli che suonano più che altro come lezioni "smettila di usare la console, guarda che fuori c'è il sole, esci!" finiamo per illuminare con un grosso faro quello che già sa e sa fare: giocare ai videogiochi tutto il giorno. Se notiamo soltanto o prevalentemente questi punti di debolezza, ci poniamo di fronte a loro come degli specchi deformanti che rilevano e amplificano i loro difetti.


Se io rimando sempre all'altro che è pigro, è permaloso, è una testa calda o è un fannullone, … di fatto gli sto dicendo che lui non può essere altro che quello. Lui, che sta consolidando il suo approccio alla vita e si sta costruendo una identità, sentirà che viene riconosciuto come Giovanni o Francesca, solo quando gli altri lo chiamano pigro, permaloso, testa calda o fannullone, … Perché dovrebbe fare qualcosa di diverso?


E' necessario mostrare all'altro che ha più caratteristiche. Invece che essere uno specchio deformante dovremmo essere il suo caleidoscopio. Bisogna distinguere l'azione dall'individuo, che è molto più complesso. Le persone si comportano così, ma non sono così. Non fanno i mestieri in casa, ma non sono dei fannulloni. Arrivano in ritardo, ma non sono dei ritardatari. Alzano la voce e dice parolacce, ma non sono un maleducati.


Una volta distinta l'azione dall'individuo è fondamentale notare i suoi PUNTI LUCE. Ogni volta che mostrano una loro risorsa e una loro qualità, è fondamentale valorizzarla, anche se è una cosa che potrebbe sembrare piccola.



Se di solito non sparecchia mai e un giorno porta il suo piatto sul lavandino, invece di rimandargli che potrebbe portare anche le posate e il bicchiere, restituiamogli che ha fatto bene a portare il piatto sporco a lavare! Se si solito non chiede mai scusa e una volta si mostra rammaricato, invece di rimarcare il suo orgoglio, diciamogli che ci vuole coraggio per mostrarsi dispiaciuto. Se non chiama mai per primo e quella volta ha mandato un messaggio vocale, rispondiamogli che siamo contenti di sentirlo! E questo senza aggiungere: "mandami messaggi anche nei prossimi giorni"… altrimenti lo si riporta alle sue abitudini.


Il passaggio è questo: "Se si accorgono di me anche quando non mi arrabbio furiosamente, anche quando non mi lamento, .. allora non occorre farlo per essere me stesso."


In quanto a noi…noi che siamo comunque umani e che talvolta ci scaldiamo, ci arrabbiamo, ci sconfortiamo, ci stanchiamo, … Capita... non è necessario essere "sempre sul pezzo". Se la maggior parte delle volte non osserviamo solo il comportamento disfunzionale, ma anche le qualità, magari ci accorgiamo anche che invece di perdere le staffe o di provare frustrazione, incominciamo ad osservare l'altro con altri occhi e a provare curiosità e interesse nei suoi confronti.


ANCHE SE LA FINESTRA È LA STESSA,

NON TUTTI QUELLI CHE VI SI AFFACCIANO

VEDONO LE STESSE COSE.

LA VEDUTA DIPENDE DALLO SGUARDO.

Alda Merini

La pazienza paga…perché per queste variazioni ci vuole tempo, ma poi arrivano e ripagano di tutti gli sforzi. Starà meglio lui e staremo meglio noi con lui.

 

Bibliografia


Gergen K. J. (2006), Therapeutic Realities: Collaboration, Oppression and Relational Flow (trad. it. a cura di C. Bertolli e D. Romaioli, Costruzione sociale e pratiche terapeutiche. Dall'oppressione alla collaborazione, FrancoAngeli, Milano, 2018).


Masoni M. V. (2011), Sono preoccupato per mio figlio. Le risposte dello psicologo, Erickson, Trento.



Romaioli D. (2013), La Terapia Multi–Being. Una Prospettiva Relazionale In Psicoterapia, Taos Institute Publications.

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